Ciao amori
Bene... Chi seguiva la mia ficcia 'IO&TE... insieme ancora...' sa bene che questo remix era un progetto che avevo da un po'... perchè quella ficcia mi piace un sacco, ma non come l'ho scritta =.="
E quindi mi pareva giusto (x voi, x me) finalmente ultimare questo progetto...
Sinceramente spero che vi appassionerete alla nuova versione come avevate fatto con "l'originale", ma spero anche di no, perchè non prometto aggiornamenti frequenti (mi massacrano a scuola ç__ç)...
Noterete (chi aveva già letto la fic) che l'inizio è un momento precedente rispetto a come era iniziata la vecchia fic...
Basta, ho parlato abbastanza quindi, come dice Herm a Rita, "fuoco alle polveri"!!!! E vai col chappo one!Capitolo 1Ricercata tristezza
Harry Potter era disteso sul letto di Ron, alla Tana. Erano gli ultimi giorni di agosto, a breve sarebbe iniziato il nuovo anno scolastico a Hogwarts, il sesto per l’eroe.
Il pensiero di Harry era rivolto all’anziano preside, Albus Percival Wulfric Brian Silente, il quale aveva annunciato, la mattina di quel limpido giorno estivo, alla famiglia Weasley, a Harry e a Hermione, ospiti di Ron, che sarebbe venuto alla Tana quella sera stessa.
Harry si chiedeva quali terribili cose avrebbe sentito raccontare a cena, temeva di sentir parlare di nuove morti, soffriva al pensiero delle orribili cose che potevano essere successe ai suoi compagni di scuola. Dopo la morte di Sirius, Harry si era reso maggiormente conto di quanto tutti quelli che conosceva e a cui teneva erano in serio pericolo.
Era ben deciso ad evitare la sofferenza e la morte dei suoi due migliori amici e delle loro famiglie.
Ripensò a tutte le facce conosciute, a tutte quelle persone che magari, volendo essere pessimista, tornato a Hogwarts non avrebbe rivisto. Di colpo, prepotentemente, il viso del compagno odiato per anni, la luce e l’ombra in contemporaneo, gli balzò davanti agli occhi smeraldini: un volto pallido, affilato; due occhi brillanti, intelligenti, ma tetri, chissà forse attanagliati dalla tristezza. Draco Malfoy era sempre stato un ragazzo affascinante, prezioso in qualche modo, sempre con quella raffinata eleganza nei modi e nei movimenti, eppure sempre sboccato e con volgari insulti che facilmente gli scivolavano via da quelle labbra sottili e lattee. Quelle labbra…
La voce di Ron lo riscosse dai suoi pensieri: -Harry!! Scendi, c’è Remus!-
Remus!
Harry si precipitò giù per le scale, ansioso di vedere l’ultimo collegamento ai suoi genitori che non gli fosse odioso al pensiero [l’allusione va sia a Piton che a Minus nd.Holly].
Una volta arrivato all’ingresso resistette all’impulso di abbracciarlo di slancio e gli strinse allegramente la mano. Remus lo trasse a sé e lo tenne stretto a lungo. Harry si crogiolò piacevolmente in quel calore quasi paterno e si disse di essere stato stupido a rifiutare quell’istinto: non è tanto sciocco abbracciare una persona a cui si tiene.
In quell’abbraccio Harry si sentì compreso, sentì che Remus era l’unica altra persona che provava la sofferenza dell’aver perso Sirius come la viveva lui… Se non anche maggiormente… Harry si era sempre chiesto se non ci fosse stato qualcosa in più che semplice amicizia tra quei due… Forse un giorno gliel’avrebbe domandato, ma quello non era il momento adatto.
Remus si staccò dal giovane per stringere la mano di Ron, Bill e dei gemelli e per abbracciare affettuosamente Hermione e Ginny. Molly, che era stata già salutata all’ingresso dell’uomo, gli disse che Arthur si sarebbe liberato solo più tardi. L’ex-professore non chiese di Charlie: tutti sapevano che si trovava a Londra da qualche giorno, nel disperato tentativo di fare quattro chiacchiere con il fratello ‘scomparso’.
***
La meravigliosa cena alla Molly Weasley era servita.
Hermione parlava animata con Ginny di un ragazzo molto carino che aveva individuato a scuola durante l’ultima settimana. Ron la guardava in cagnesco, sbuffando. Harry era più che altro stupito del comportamento dell’amica: aveva sempre considerato Hermione come una ragazza estremamente matura per la sua età e non la credeva, stupidamente, capace di intavolare discorsi del genere, soprattutto se a tavola con gli adulti. I quali adulti stavano discutendo animatamente.
Gli occhi smeraldo di Harry si posarono sull’anziano stanco rugoso viso di Silente.
L’uomo era palesemente triste e malinconico, ma non aveva fatto parola dei suoi timori, non li aveva aggiornati sugli orrori che non si leggevano sui giornali. Ascoltava, in silenzio, le dite intrecciate, la testa sopra di queste, i gomiti sul tavolo. Nonostante la cena fosse ottima, l’anziano preside non aveva toccato cibo. Il piatto inviolato conteneva ancora il roast-beef e le patate al forno che erano state messe lì da un preoccupato licantropo.
Silente era magro, scarno, dava l’impressione come se i vestiti gli dovessero cadere da un momento all’altro dalle spalle sciupate. Il viso era pallido, la pelle penzoloni lo faceva apparire ancora più anziano di quanto già fosse.
Harry fu investito improvvisamente da un moto di compassione per quell’uomo che aveva rappresentato una guida ma che spesso era stato odiato dal giovane. Che lo aveva inesorabilmente protetto in tutte le situazioni.
Abbattuto, triste, con quel senso di terribile oppressione che era stato scacciato dall’arrivo di Remus ma che ora era tornato ad attanagliargli il cuore, il moretto si volse intorno nel giardino. Il grande tavolo a cui tutti sedevano era stato apparecchiato con cura dalle ragazze. Era circondato dalle folte siepi da cui, Harry aveva imparato tempo addietro, bisognava tenersi alla larga, per timore di assalti di gnomi. I fiori quell’anno erano sbocciati più abbondanti, a spregio di quell’era tetra, dell’ambiente triste e macabro, della nebbiolina dei Dissennatori: si scorgevano anche nel buio i colori sgargianti delle belledinotte, delle rose semi-appassite dal caldo estivo e quelli pastello dei grappoli di ortensie secche.
In un tentativo di fuga da quella natura rigogliosa che non rispecchiava appieno il suo animo, volse lo sguardo al cielo scuro. La luna risplendeva, candida. Nuvole biancastre si tenevano alla larga da quel pallore che pareva volerle sminuire. Puntini luccicanti ricordavano l’esistenza di altri pianeti e altre stelle. La notte era, nel complesso, serena e Harry non trovò neanche nel profondo blu quel senso di abbandono che sentiva dentro, sebbene fosse in compagnia delle persone a lui più care, fatta eccezione per tre: Sirius, mamma, papà.
Concentrò allora gli occhi brucianti e lucidi sulla fiamma dolorosa della candela che ardeva, desiderosa di non spegnersi e non consapevole che quella fine si avvicinava più rapidamente con il suo modo di fare. Le chiacchiere dei suoi commensali gli giungevano lontane, come da una dimensione parallela. Pose infine lo sguardo illuminato di fuoco sul viso sconcertato del suo migliore amico. Voleva, in quel momento, essere come lui, così superficiale, attaccato ad una ragazza e non ad una morte troppo recente per essere cancellata ed assimilata e finalmente compresa come tale.
***
Andò a letto stanco eppure ebbe difficoltà a prendere sonno. Voleva scrivere, voleva esprimere a parole la tristezza ma nessuno lo ascoltava; ma forse era perché non ci provava neanche, a parlare. Si sedette alla scrivania di Ron, che rendeva la piccola stanza ancora più affollata e stretta. Prese un foglio di pergamena, la penna e il calamaio. Intinse la punta. La poggiò sulla spessa carta giallastra.
L’unica cosa che gli venne da scrivere fu inizialmente ‘morte’ e solo in seguito ‘merda’. Riempì la pergamena di queste due parole. Poi, al margine della pergamena disegnò un cuore e lo annerì, pur consapevole che portava sfortuna. Poi scrisse ‘Ti amo’ e desiderò con tutto il cuore qualcuno a cui poter dedicare queste parole. Quando gli apparvero i volti di James, poi Lily, poi Sirius ed infine Remus, si sentì estremamente solo.
-Merda!- esclamò, quindi si infilò sotto il lenzuolo mangiato dalle tarme e, furiosamente, si addormentò.
I hope you liked it...
Kisses...