| "L’iter chirurgico femmina-maschio (FtM) è più complicato e più lungo. Esso consiste in una prima fase di Adenectomia sottocutanea con una riduzione del volume mammario che si avvia già con una buona terapia ormonale. Questa riduzione, tuttavia, nella quasi totalità dei casi, non è sufficiente a conferire al torace un aspetto maschile. Si ricorre allora all’asportazione chirurgica della ghiandola mammaria e della cute eccedente, alla riduzione dell’areola e del volume del capezzolo. Le tecniche chirurgiche che possono essere impiegate sono varie. Generalmente viene effettuata l’incisione periareolare che permette sia di ridurre il diametro dell’areola sia di accedere all’interno della mammella per asportare completamente la ghiandola e ridurre in parte anche la pelle circostante. Residua così una sola cicatrice intorno all’areola pur determinandosi un "arricciamento" della pelle eccedente intorno alla cicatrice periareolare che, in genere, tende spontaneamente, nel giro di tre o quattro mesi, a distendersi. Spesso è necessario anche un altro intervento per migliorare l’aspetto estetico dell’areola. Questa tecnica ha il vantaggio di non lasciare altre cicatrici all’infuori di quella periareolare. Altri metodi consentono anche di asportare inizialmente maggiori quantità di pelle, ma tali metodi lasciano cicatrici molto evidenti, tipiche delle mammoplastiche riduttive. Per questo motivo spesso si ritiene più conveniente effettuare due o più interventi pur di ottenere alla fine un buon risultato con la sola cicatrice periareolare. Il primo intervento richiede due o tre giorni di ricovero e non è doloroso. Il secondo è in genere effettuato in anestesia locale e in regime ambulatoriale. Segue poi l’Istero–annessectomia con un unico intervento chirurgico di asportazione di utero e ovaie. La vagina, in genere, non viene rimossa perché la sua asportazione complica e prolunga la durata dell’intervento, comportando sempre una ingente perdita di sangue con conseguenti necessarie emotrasfusioni. D’altra parte la vagina tende a ridursi spontaneamente e, se richiesto, può essere asportata successivamente. La Falloplastica è un intervento opzionale che non tutte le persone con Disturbo dell'Identità di Genere vogliono effettuare. Differenti metodi chirurgici permettono di perseguire differenti obiettivi ma comportano anche conseguenze e rischi differenti e non sempre ben valutabili a priori. Per questo motivo è di grande importanza un chiaro confronto tra la persona e il chirurgo scelto.
Più specificatamente è possibile ottenere con la Falloplastica:
- una funzione estetica con la realizzazione di un organo di forma cilindrica simile al pene (autotrapianto in sede pubica di tessuti presi da altra parte del proprio corpo con cui modellare il fallo). - una funzione urinaria con costruzione di neouretra che permetta la fuoriuscita dell’urina all’apice dell’organo costruito. - una funzione sessuale con l’inserimento nel fallo di una protesi del tipo di quelle usate per l’impotenza con possibilità di rendere rigido l’organo costruito e idoneo a rapporti sessuali con penetrazione.
I metodi di costruzione del fallo sono molti. Quello che viene utilizzato, in genere con buoni risultati sia sul piano estetico che sul piano funzionale, prevede l’impiego di un lembo tubulato dell’avambraccio che viene trapiantato nella regione inguinale. Questo tipo di falloplastica comporta due diversi momenti operatori. Il primo consiste nella preparazione del lembo dell’avambraccio, il secondo nel trasferimento del lembo dell’avambraccio con tutti i vasi che lo nutrono ed il trapianto in regione soprapubica con un intervento di microchirurgia che in genere dura dalle 8 alle 12 ore. Le arterie, le vene e i nervi di tale lembo vengono collegati ai vasi e ai nervi della regione inguinale per assicurare nutrimento e una certa sensibilità anche se esclusivamente di tipo tattile (capacità di sentirsi toccare). La specifica sensibilità erogena, presente nel clitoride, viene mantenuta lasciando questa struttura nella sede originaria, alla base del neofallo costruito. La Meataoidoplastica permette di valorizzare al massimo le modificazioni ottenute sul clitoride con la terapia ormonale. Questa determina infatti una ipertrofia che lo rende simile ad un piccolo fallo che in certi casi permette di raggiungere la lunghezza di 5-7 centimetri durante l’erezione. L’intervento consiste nella costruzione di una neouretra tra il meato originario e l’apice del piccolo glande con una tecnica simile a quella usata per la cura dell’ipospadia. L’uretroplastica consente la minzione in stazione eretta. Piccoli allungamenti del neofallo sono possibili mediante liberazione dei corpi cavernosi e rimozione del grasso soprapubico. Questo intervento ha il vantaggio di realizzare un neofallo di forma molto naturale e di sensibilità inalterata ma di dimensioni ridotte e non adeguate alla penetrazione. Altro metodo è la falloplastica con lembo soprapubico. Questa prevede la costruzione del neofallo mediante un lembo a base inferiore di tessuto cutaneo e sottocutaneo, prelevato dalla regione soprapubica e ripiegato su se stesso a forma di tubo. Le dimensioni del neofallo sono condizionate dalla quantità di tessuto utilizzabile e quindi maggiore nelle persone più obese. Tale tecnica non è realizzabile in presenza di cicatrici addominali preesistenti che possono comprometterne la vitalità e per questo motivo è opportuno una programmazione prima di altri interventi ed in particolare della isterectomia che può essere comunque programmata contemporaneamente alla falloplastica. Quando richiesto può essere effettuata, nello stesso tempo, la costruzione del canale uretrale dalla base fino all’apice del fallo con un lembo di cute prelevato dalla regione sopraclitoridea e dalle piccole labbra. La perdita di sostanza sovrapubica viene riparata facendo scorrere verso il basso la cute dell’addome come per una addominoplastica. La cicatrice residua è trasversale sovrapubica e rimane coperta dagli slip. Con un secondo intervento si costruisce il tratto intermedio dell’uretra e si realizza la continuità del condotto dall’orifizio originale fino a quello precedentemente costruito alla base del pene. In questa fase il clitoride viene mimetizzato all’interno del canale uretrale in modo da renderlo poco visibile pur mantenendone la caratteristica sensibilità erogena specifica. Anche in questo caso l’inserzione di una protesi per ottenere una rigidità viene rinviata ad un altro intervento e presenta le stesse caratteristiche ed inconvenienti riscontrabili nella già descritta falloplastica con lembo antibrachiale. I vantaggi di questa metodica consistono nella semplicità di esecuzione, nella minore durata dell’intervento, nella più frequente possibilità di eseguire contemporaneamente isterectomia e falloplastica. Le limitazioni sono dovute ad eventuale scarsità di tessuto sovrapubico, alla presenza di cicatrici che possono compromettere la vitalità del lembo. talora alle dimensioni del fallo più ridotte rispetto a quelle ottenibili con altre tecniche. Infine c’è la Scrotoplastica, un intervento abbastanza semplice che si realizza con l’introduzione di due protesi testicolari di forma, dimensioni e consistenza simili a quelle di un testicolo, in genere all’interno di cavità ricavate nelle grandi labbra."
...wow... anche io, se fossi tua madre, sarei un pochino preoccupata.. O_o
|