Manga/anime: Shaman King, pairing: Horo HoroxRen, rating: NC-17.
Non sono un'amante di Shaman King, ma ho una cotta per il pairing. <3 Prima parte... Enjoy!
Spirits within“Ren?”
“Mh”.
“Tuo padre…”
“Piantala,” sbottò Ren, scattando in piedi quasi senza accorgersene. “Piantala. Non ho intenzione di dirti una parola su mio padre né su nessun altro membro della mia famiglia, chiaro?”
Horo Horo rimase in silenzio per qualche istante. “Io ricordo mio padre,” disse infine, come in seguito ad un’improvvisa illuminazione.
“E chi se ne importa”.
“Un uomo taciturno,” proseguì Horo Horo. “Non l’ho mai sentito pronunciare una parola. Parlava con gli occhi. Era una di quelle persone il cui sguardo si trasfigura, quando sono felici…”
Ren esitava. “Era…?” ripeté, riluttante.
“Oh, credo lo sia tuttora. Solo, non lo vedo da tanto, tanto tempo”.
“Imbecille. Misura meglio le parole”.
“Ricordo le sue vesti… quando ero sul punto di addormentarmi, lo sentivo intonare vecchi canti del nostro popolo. Non so se fosse davvero lui a cantare; forse la voce che sentivo apparteneva a qualche spirito… ma era così dolce. Parlava con gli occhi, dicevo… un po’ come te”.
“Che diamine dici…?”
“Tu sei così. Con le labbra non parli. A volte i tuoi discorsi sono zuppi di veleno, ma – credo tu lo sappia – significano meno che nulla. E’ così anche in campo. Ti accorgerai che non ti ascolto mai. Sia io che Chocolove ti guardiamo in viso. Con gli occhi impartisci ordini chiari. Non menti”.
“Di sciocchezze ne dici di continuo, ma stavolta sei un po’ oltre il limite. Non drogarti”.
“Perché non smetti di soffrire, Ren?”
Ren s’irrigidì. L’impertinenza del compagno lo punse in maniera sgradevole. Decise d’ignorarlo.
“Chocolove ha scelto di abbandonare la sofferenza e dedicarsi al riso. E tu?”
“Non ti capisco,” sputò secco Ren.
“Davvero? Io credo di sì. Sei infelice, Ren. Io lo vedo. Chocolove lo vede. Pensi, ti muovi, e parli come un infelice. Non credere che la tua patina opaca d’indifferenza riesca a celarlo”.
Ren, irritato, osservò Horo Horo. Era seduto al lato opposto della stanza, e gli dava le spalle. Un lume acceso poco distante gli velava la schiena d’un arancio pastello. Ren s’accorse che, a guardarlo meglio, riusciva a vedere i suoi muscoli che, contratti, davano delle leggere convulsioni.
“Mio padre è il mio peggior nemico,” disse infine Ren, “e l’intera mia famiglia è per me motivo di dolore, ma al tempo stesso è la forza motrice che mi spinge a combattere, a vincere, a partecipare a tornei come questo. Al contrario, sono molto fortunato”.
“Allora smettila, Ren. Mi rifiuto di combattere al fianco d’una maschera triste. E se non riesci a smettere, trovati un’altra squadra”.
Horo Horo s’alzò in piedi; la veste gli ricadde pesantemente lungo i fianchi. Allungò una mano per afferrare la fascia che aveva abbandonato sul comodino. “Non è giusto nei confronti di un comico come Chocolove, sai,” disse sogghignando.
“Ascoltami bene, idiota,” si sentì rispondere, “prima d’ubriacarti pensaci due volte, e prima di metterti sulla mia strada - tu e i tuoi dannati spiritelli - almeno tre volte. Visto che il tuo cervello non va oltre un campo di cavoli, dubito che tu sappia cosa significhi essere oppresso dal desiderio di vendetta, schiacciato da giochi di potere che altro non vorresti che cessassero, nauseato dall’odore del sangue… tu non sai cosa significhi quel che sto tentando di fare, quando io darei il sangue che ho nelle vene per riuscirci. Se provi ad andartene, t’ammazzo”.
Horo Horo finalmente si voltò e vide Ren, le gambe divaricate, i piedi piantati sul terreno, i pugni chiusi che tremavano.
Gli andò incontro a passi rapidi. “Non voglio più sentirmi dare dell’imbecille”. Gli afferrò i polsi. “Provaci e ti cavo tutto il sangue che hai nelle vene, stilla a stilla”.
Ren lo spinse indietro, facendolo scivolare sul pavimento. Horo Horo si tenne saldo, tentando di opporsi con tutte le sue forze. D’improvviso, Ren avvertì la pressione delle unghie dell’Ainu sulle braccia.
Gli davano quasi una sensazione piacevole. Si arrestò. Le dita di Horo Horo, senza incontrare più resistenza, gli affondarono nei polsi. Ren non ebbe ben chiaro quel che accadde dopo, sentì solo una voce distante:
“Che ti prende?”
“Cavami il sangue,” rispose, in un tono beffardo strozzato dai sensi offuscati.
“Lo faccio, stronzo”. Horo Horo abbandonò la presa. “Odio gli infelici”. Afferrò le spalle di Ren e le scosse. Poi, gli allacciò le mani intorno al torace.
Ren tremava. Tese le mani alla cieca e sfiorò Horo Horo prima sui fianchi, poi tra le gambe, facendolo rabbrividire. Premette il petto contro il suo e gli morse le labbra, sentendosi come impazzire a ogni mugolio che provocava.
Si sentì trascinare a terra. Horo Horo tentò di tirargli via la veste. “La schiena,” disse in un sussurro soffocato, “fammela vedere…”
Ren gli offrì le spalle, e Horo Horo lo liberò di quel che gli restava della veste. Lo sentì ricoprire di baci il suo tatuaggio, che bruciava come appena inciso. “Chinati,” si sentì dire poi.
Obbedì; avvertì le mani di Horo Horo spogliarlo, e si sentì penetrare con una brutalità che gli apparve simile alla fame. Spento dal piacere, si fece prendere da Horo Horo fino a non sentire altro che il contatto con della pelle rovente e strani echi distanti.