Wherever you will go

« Older   Newer »
  Share  
Jethro_Rodomont
view post Posted on 19/12/2008, 20:16




image



Prologo

Vivo in una bolla di ghiaccio,
lo sento dal vapore che esce dalla mia bocca quando respiro,
dalla mia pelle fredda,
dalla perdita di sensibilità,
non solo nei polpastrelli…

Tutti gli organi sono congelati,
fermi,
incapaci di reagire.

L’unica fiammella di calore che mi tiene in vita
Batte sempre più lentamente.

Sento che anche questa, prima o poi, si arrenderà al gelo.
Eppure son sicuro di non volerlo.

Sono freddo,
sono congelato,
non solo fisicamente,
lo sanno tutti e tutti sentono l’impatto
con l’aura fredda che mi circonda,
con la mia bolla…

Godo a far sentire gli altri peggio di me per pochi attimi,
ma poi essi ritornano ad essere scaldati
da forti travolgenti fiamme.

Io no.
Io sopravvivo solo grazie alla mia flebile fiammella.

Sessanta battiti al minuto ora,
quaranta fra pochi attimi…
mi fermo e mi ascolto morire
…trenta…
La fiamma si sta arrendendo
…venticinque…
Anche io mi sto arrendendo
…venti…
Il freddo mi pervade
…quindici…
Ho chiuso gli occhi,
mi sto addormentando per sempre…

Ed Ecco!
Un forte calore mi infiamma il viso,
è improvviso!
La fiammella si alimenta,
sto rinascendo!
Il calore mi avvolge…
Oh piacevole sensazione!

Sei arrivato a salvarmi con il tuo abbraccio.
Mi infondi il soffio vitale sfiorando le mie labbra con le tue.
La mia fiammella diventa incendio,
sento il calore correre attraverso le vene e crescere…

…Grazie, amico mio.

La bolla di ghiaccio scricchiola
E si infrange con fragore tremendo.
Una pioggia di cristalli ghiacciati si abbatte su di noi
Ma al contatto col nostro calore si sciolgono all’istante.

Tu mi sostieni
Con la forza delle tue braccia,
io sono incapace,
nuovamente,
di reagire
e posso solo sussurrarti…

…Grazie, amore mio.


Capitolo unico

Remus aveva percorso il piccolo salotto di casa sua almeno un centinaio di volte.
Era tesissimo per la visita che sapeva sarebbe arrivata.
Teneva le mani incrociate dietro la schiena, le dita di una tra quelle dell’altra, ogni tanto le scoglieva per passarla una tra i capelli castani e portarseli all’indietro, fermandosi chiudendo gli occhi e liberandosi dall’ansia soffiando fuori l’aria come se questa lo avvelenasse internamente, poi guardava l’orologio magico appeso alla parete e, dopo aver teso le orecchie in attesa di qualche rumore che puntualmente non arrivava, riprendeva la sua corsa.
Si fermava di tanto in tanto anche per controllare che tutto fosse al proprio posto, magari drizzava un quadro che gli sembrava storto, un libro che gli sembrava sporgesse troppo dalla libreria, oppure correva in cucina a controllare di essersi ricordato di riempire la credenza con qualcosa di commestibile che non fosse cioccolata.
E infatti, quando sentì bussare alla porta, era proprio chino a rovistare nell’angolo più remoto e polveroso dell’armadietto verde sbiadito con i pomelli avana che teneva in cucina.
Effettivamente vista da fuori la scena probabilmente sarebbe stata divertente: era tutto rannicchiato dentro la credenza, solo le gambe erano fuori, come ad aspettarlo e come se lasciassero alle loro colleghe braccia e mani quel brutto lavoro, non sapeva cosa cercava esattamente per cui aveva da subito scartato l’idea degli incantesimi di appello, ma il rumore del campanello che suonava lo prese alla sprovvista e, colmo d’eccitazione, si alzò di colpo sbattendo fragorosamente la testa contro l’armadietto, alzandosi dolorante e con il cuore agitato come se qualcuno lo avesse stregato con un tarantallegra, si poggiò sul piano dello stesso armadietto dove giaceva un coltello che aveva usato poco prima per tagliare un pezzettino di cioccolata da una grossa barretta.
-Ahi…ma porca…-
Imprecò gurdando il palmo insanguinato e il liquido scuro affiorare dal piccolo taglio, fortuna che non era profondo.
Decise che si sarebbe occupato più tardi della mano e brandendo la bacchetta che teneva prontamente nella tasca della giacca verde bottiglia che portava quel giorno, andò ad aprire la porta attraversando la casa a grandi e veloci falcate, quasi correndo, impaziente di accogliere l’ospite.
-S…S-severus?-
Balbettò sorpreso riponendo l’arma in tasca.
L’altro mago lo osservava gelido come l’aria che sferzò sul viso di Remus, il volto coperto dai capelli scomposti e in parte dal nero cappuccio che lo copriva.
Il mannaro sapeva chi ci sarebbe stato dietro la porta, ma era ugualmente sorpreso di vederlo; si fece da parte per farlo entrare tenendo la mano insaguinata con il palmo e le dita rivolte verso l’alto formando una specie di coppetta per non permettere al sangue di colargli lungo il braccio.
Severus entrò senza parlare, si tolse lo scuro mantello rivelando uno dei suoi soliti completi neri dal quale si intravedevano i polsini e il colletto di una camicia candida, e lo appese all’attaccapanni posto di fronte l’entrata, accanto al mantello color cenere con varie toppe appartenente al padrone di casa, poi sparì oltre la soglia del salotto.
Remus guardò fuori ispirando il freddo decisamente più calmo di prima ma inquieto per quell’insolita brezza ghiacciata di Maggio, prima di chiudersi la porta alle spalle e raggiungere il suo ospite.

Severus si era accomodato sul divano, le gambe accavallate, un braccio comodamente appoggiato sul bracciolo e l’altro abbandonato mollemente al suo fianco. Guardava fisso davanti a sé fra le fiamme del camino.
Remus non entrò nella stanza, rimase sulla soglia, braccia incrociate al petto –naturalmente teneva ancora la mano insangiunata alzata-, una spalla appoggiata allo stipite della porta e si teneva in equilibrio su una gamba mentre l’altra era piegata dietro questa.
Osservava Severus che aveva il volto quasi completamente coperto dai capelli corvini che gli ricadevano in avanti; la posa era perfettamente composta: schiena dritta quasi completamente appoggiata allo schienale ma le braccia abbandonate tradivano la sua perfezione, erano il segno impercettibile che Severus si stava rilassando.
Per la prima volta dopo tanto tempo le labbra di Remus si incurvarono, gli occhi si erano addolciti e avevano abbandonato il freddo che avevano conosciuto negli ultimi giorni, gli zigomi si erano alzati lievemente arrossati: stava sorridendo.
-Sai io…-
-Hai del…-
Cominciarono entrambi a parlare nello stesso momento interrompendosi a vicenda.
Remus rise dirigendosi anch’egli verso il divano, Severus non si era scomposto, solo quando il mannaro prese posto accanto a lui, si voltò e lo guardò alzando un sopracciglio.
-Allora vai tu…-
Disse Lupin fissandolo ancora sorridente sperando di incrociare il suo sguardo.
Piton scavallò le gambe e voltò leggermente il busto in modo da poter guardare l’altro comodamente, lo fissò negli occhi per qualche secondo poi estrasse la bacchetta.
Remus si inquietò, lo guardò stupito aggrottando la fronte; il sorriso era improvvisamente svanito.
-Detergeo-
Esclamò semplicemente Severus puntando la bacchetta sulla mano sanguinante del mannaro.
Il sangue colato che cominciava a incrostarsi sparì immediatamente.
-Reclodeo-
Disse di nuovo e la ferita si chiuse del tutto lasciando solo una linea biancastra e la pelle molto arrossata al suo posto.
-G…g-grazie…-
Mormorò Lupin osservando la nuova cicatrice che avrebbe arricchito la sua personale collezione.
Severus grugnì appena riponendo la bacchetta nella tasca della sua giacca nera, poi riprese a guardare il fuoco.
Il silenzio cadde nuovamente fra i due.
Remus si guardava la mano pulita dal pozionista chiedendosi perché lui non l’avesse fatto prima…
Si era di nuovo rabbuiato come lo era stato i giorni precedenti; si sentiva uno stupido a non averci pensato e sapeva che anche lui lo considerava uno stupido. Lentamente tirò fuori la bacchetta e la puntò al petto di Severus, stavolta fu lui a guardare accigliato il mannaro.
-Sai…io dovrei effettuare….il riconoscimento…-
Annunciò Remus insicuro, serio in volto con un tono vocalico più basso rispetto a prima.
Severus lo fissò senza cambiare espressione ma era rimasto deluso da quella richiesta.
-Sono Severus Tobias Piton, ci siamo baciati per la prima volta a sedici anni nel bagno dei prefetti, tu avevi appena litigato con Sirius e James perché mi avevano mandato addosso una scopa volante incantata in modo da poterla controllare da lontano, mi presero alla sprovvista e riuscirono a passare il manico fra le mie gambe e sollevarmi da terra, caddi da un altezza di tre metri provocandomi solo una piccola sbucciatura-
Inondò Remus con quel fiume di parole. Le pronunciò stancamente, come una litania, portando indietro la nuca appoggiandola allo schienale del divano socchiudendo gli occhi. I capelli gli caddero indietro scoprendogli il collo.
Il sorriso ricomparve sul viso di Remus svegliato da quei dolci ricordi.
Severus, aprì un occhio dopo qualche attimo scrutandolo, poi si raddrizzò di nuovo.
-Dubitavi di me?-
Chiese assottigliando lo sguardo mentre sul suo volto si allargava un ghigno.
Remus lo guardò interdetto, conosceva quell’espressione ma non pensava…non credeva…
Un attimo dopo il pozionista aveva poggiato le labbra su quelle del mannaro.
Remus trattenne il fiato chiudendo gli occhi.
Severus si accorse di aver ecceduto con la foga, ma non si ritrasse se non dopo un buon minuto, esattamente quando la mano dell’altro, non resistendo, si poggiò aperta sul suo petto.
-Allora…mi hai riconosciuto Mannaro?-
Lo incalzò il professore con una punta di ripugnanza nella voce evitando accuratamente di guardarlo.
Si era nuovamente seduto come lo era inizialmente, ben eretto con la schiena, composto nei modi.
-Si...-
Mormorò tristemente Remus guardandosi nuovamente la mano.
Lo aveva riconosciuto eccome, non avrebbe mai potuto dubitare del suo bacio.
Cominciò a tormentarsi il lembo della pelle più biancastro.
Era nuovamente agitato, avrebbe dovuto dirglielo prima che lo scoprisse da solo, ma davvero sentiva la saliva seccarglisi in bocca e gli sembrava quasi di essersi scordato improvvisamente come si parlava.
-Severus?-
Era finalmente riuscito a chiamarlo dopo svariati tentativi.
Quello si girò attendendo che il mannaro parlasse.
-Io…ecco…-
Remus balbettò, non lo guardava e sentiva il sudore imperlargli la fronte. Si portò una mano dietro il collo lisciandoselo in evidente stato di ansia poi si alzò di colpo e gli diede le spalle con urgenza.
-…io…sono stato con Ninfadora….-
Concluse infine incerto.
Severus non si scompose.
-Lo so-
Disse semplicemente atono.
Il fuoco davanti a lui danzava. Era stupendo rimanere fissi a guardarlo e dimenticarsi di tutto. Persi in quel ballo pericoloso e sensuale, vedervi forme, persone…lasciarsi trasportare dalle visioni….
All’affermazione di Severus, Remus sgranò gli occhi.
Erano ormai passati circa quattro mesi da quando era successo e glielo aveva nascosto per tutto questo tempo, si chiedeva da quanto ne era a conoscenza.
Si girò lentamente verso l’oscuro professore.
-Da quanto lo sai?-
Chiese dopo una pausa davvero troppo lunga.
La voce incrinata per la tensione, gli occhi ancora sgranati per la sorpresa.
Sentiva improvvisamente caldo.
-Ha importanza Lupin?-
Rispose Severus.
Era arrabbiato?
Forse…
Neanche lui riusciva a capirlo.
Ormai era un anno che sapeva dell’amore che Tonks provava nei confronti di Remus e il patronus della ragazza lo aveva confermato.
Gli era bastato usare la lagilimanzia ad una riunione particolarmente noiosa dell’Ordine per scorprire tutto il resto, e quello che c’era stato fra i due.
-Non lo so Severus, non lo so…-
Fece Remus scrollando le braccia in segno di arresa.
Era confuso da ormai troppo tempo e non ne poteva più; aveva bisogno di risposte, non di altre domande!
Tra i due il silenzio cadde nuovamente regnando sovrano in quel piccolo appartamento riempendo la stanza come nebbia invisibile.
La testa di Remus era ingombra di pensieri; erano talmente tanti che non riusciva a gestirli, separarali, distinguerli, comprenderli.
Sentiva che se fosse rimasto ancora con lui in quella stanza in silenzio senza guardarlo, ma sentendo il suo profumo, la sua presenza a pochi metri da lui senza poterlo toccare, senza poter nuovamente assaporare le sue labbra, sarebbe impazzito.
Il fischio del bollitore spezzò prepotentemente il silenzio.
Remus sobbalzò, si era completamente dimenticato del tè!
Severus si voltò prima in direzione del rumore poi verso Remus inarcando un sopracciglio.
-Hai preparato il tè alle sette?-
Osservò.
Remus si sentì avvampare sorridendo imbarazzato, boccheggiò a mezz’aria per qualche secondo poi sparì oltre la porta della cucina.
Le parole gli si erano di nuovo fermate in gola.
Severus, rimasto solo, si alzò dal divano e cominciò a guardarsi intorno.
Era a disagio, secondo lui visibilmente a disagio, ma da fuori non traspariva una benchè minima traccia di sentimenti.
Osservò le fotografie presenti nella stanza, alcune erano appese al muro e altre incorniciate e poste sulle mensole accanto ai libri.
In quasi tutte era presente Remus, o almeno per lui avevano importanza solo quelle, molte erano dei tempi della scuola, ne osservò una in particolare dove un giovane Lupin diciassettenne con il volto sfigurato da tre cicatrici che gli passavano rispettivamente una sul naso, una su un occhio, e una sulla bocca, salutava sorridendo impacciato mostrando il diploma dei M.A.G.O.
Severus non riuscì a trattenere un sorriso mentre con una mano accarezzava il volto del ragazzo sulla foto come a volergli spostare i capelli di davanti.
-Ehm…-
Remus era rientrato nella sala con un vassoio, sopra di esso due tazze fumanti, una piccola brocca di porcellana bianca e la zuccheriera coordinata.
Severus si voltò verso di lui immediatamente e lo vide: il quadro, quel quadro…
Era esattamente dietro le spalle del mannaro, alla destra della porta che dava sulla cucina.
Era coronato con una cornice molto più elegante delle altre a tal punto da risultare forse stonata, era sottile e laccata di nero con un bordo di due sottilissime righine verde/argento, questa contornava il disegno dai toni spenti e in bianco e nero di un grifone e un grosso serpente che giacevano uno accanto all’altro, la coda di uno era legata alla zampa dell’altro da un sottilissimo, quasi invisibile filo e il particolare fantasioso era la parvenza di sorriso che appariva sui loro musi, con gli occhi chiusi; poteva sembrare che fossero morti colpiti da chissà quale incantesimo.
Severus sapeva che esattamente sotto la cornice doveva esserci la sua firma. Aveva lo stesso disegno a casa, identico a quello di Remus eccetto due particolari: la firma, che era del mannaro, e i soggetti: al posto dei due animali vi erano due ragazzi, uno con i capelli lunghi, neri e lisci, l’altro con i capelli chiari e mossi, erano entrambi nudi e visibili fino al ventre, i loro polsi erano legati da un quasi impercettibile filo invisibile e entrambi sembrava dormissero sorridendo.
Severus si stupì di non averlo notato prima e sorrise tra sé visibilmente risollevato, era come se tutta la storia di Tonks gli fosse scivolata via di dosso alla vista di quel segno di fedeltà.
Remus gli porse la sua tazza di tè.
-Mezza zolletta e cinque gocce di limone-
Dissero entrambi, il pozionista come richiesta e il mannaro come conferma, un leggero cambio di tonalità vocalica.
-Incredibile te lo ricordi…-
Osservò ironico Severus prima di bere un sorso.
Remus non colse l’ironia e sorrise imbarazzato.
-…come non detto…-
Proseguì il professore di pozioni dopo aver assaggiato la bevanda.
-…non sai eseguire neanche una semplice ricetta come quella di un tè, eri e rimarrai sempre inutile ai fornelli…-
Remus rise.
-…io direi al calderone e non ai fornelli, devi ammettere che le mie torte sono squisite-
-Se solo ti piacesse qualcos’altro a parte il cioccolato magari ti verrebbe meglio anche tutto il resto…-
-Bè insegnamelo tu, no? Non vedo perché sei sempre stato restio e darmi ripetizioni…-
Severus rimase in silenzio, non gli piaceva essere messo in difficoltà, prese tutto il tempo che necessitava per elaborare la sua risposta.
-…io non ho mai dato e mai darò ripetizioni…è la mia regola lo sai bene…se hai le potenzialità devi farle fruttare da solo, altrimenti significa che non le possiedi…-
Detto ciò posò la tazza sul tavolino davanti a sé e si alzò dal divano diretto verso il piccolo atrio, Remus lo seguì confuso.
-Che vuoi fare?-
Gli chiese.
-Me ne devo andare…-
-Di già?-
-Evidentemente…-
-Ma sei…io credevo…insomma…-
Balbettò il mannaro.
-Sei stato come sempre molto chiaro Remus…-
Rispose Severus fissandolo con un sopracciglio alzato e un lieve sorriso abbozzato sul volto, poi sparì con un pop.
Remus era rimasto a dir poco accigliato e confuso dal comportamento di Severus.
Voleva parlaregli seriamente, affrontare insieme il problema con Tonks e invece Severus se ne era andato mostrando come sempre poco tatto.
Il mannaro, deluso, arrabbiato e stanco tornò a sedersi sul divano e riprese a bere il suo tè pensando alle ultime insensate parole del professore:
“…io non ho mai dato e mai darò ripetizioni…è la mia regola lo sai bene…se hai le potenzialità devi farle fruttare da solo, altrimenti significa che non le possiedi…”
Le ripeteva fra sé, sicuro che fossero troppo semplici per Severus, soprattutto dopo che ci aveva ponderato sopra tutto quel tempo…dovevano sicuramente significare qualcosa…
Ricordò il volto dell’uomo nel momento in cui le aveva pronunciate, non era come sempre imperscrutabile ma sembrava rabbuiato, stato che assumeva in fase di riflessione.
Improvvisamente tutto gli fù più chiaro, voleva dirgli che il problema con Tonks non lo riguardava e non avrebbe aiutato Remus, il quale, invece, doveva ragionare da solo ed effettuare la sua scelta.
La solitudine invase il mannaro dopo quel pensiero e ancora più abbattuto si diresse in camera per farsi una doccia che lo rilassasse.
Severus era appena arrivato nel suo ufficio e si sentiva molto inquieto, gli doleva ammettere a sé stesso che sentiva già la mancanza di Remus, che era dovuto scappare dalla sua casa per evitare di perdere la pazienza, di baciarlo di nuovo.
Si tolse il mantello slacciando nervosamente il nodo che glielo legava al collo e lo lanciò con rabbia sulla sedia di fronte la sua scrivania, poi si slacciò la giacca impaziente, si sentiva soffoccare dentro quei vestiti.
Rimase in camicia e si abbandonò sulla poltrona davanti il caminetto prendendo a fissare nuovamente la danza del fuoco.
Nella sua mente albergavano milioni di sentimenti opposti, la mancanza dell’uomo, ma anche il fastidio per il tradimento…e poi perché lo chiamava tradimento?
Non era una relazione fissa la loro, non più almeno…già il fatto stesso che Remus non aveva avuto problemi ad andare a letto con la metamorphomagus era un indizio che la loro storia era finita così come era cominciata: per sbaglio.
Eppure Severus non riusciva a non chiedersi se tutto quello fosse successo solo perché lui non aveva dimostrato abbastanza quanto fosse importante per lui quella storia.
Lo stato di confusione in cui era entrato lo metteva a disagio.
Doveva assolutamente mettere ordine nella sua vita e, contrariamente al suo credo, doveva farlo insieme al mannaro.
Si alzò, prese una manciata di polvere volante ed entrò fra le fiamme del camino pronunciando chiaramente l’indirizzo della casa di Remus.
Con uno sprizzo di fiamme verdeggianti comparve nel camino del salotto dove poco prima aveva bevuto il tè, a casa vi era assoluto silenzio eccetto il rumore dell’acqua della doccia che scorreva.
Severus si diresse nella camera di Remus per aspettarlo.
Dopo qualche minuto prese a guardarsi intorno e a ricordarsi di tutte le volte che era entrato in quella camera, favolosi ricordi si affacciarono nella sua mente e ridendo fra sé si rese conto di non aver mai avuto attenzione per la camera nel suo insieme quanto solo per il letto.
Notò una scrivania spoglia in un angolo della camera,vi erano solo un libro con la copertina in cuoio, la bocchetta dell’inchiostro e una penna nera lucente con un cerchio candido sull’estremità.
Sulla parete di fronte la scrivania era appeso un calendario dove i giorni di plenilunio erano ben contrassegnati.
Severus aprì il libro con la copertina di cuoio e notò la scrittura di Remus, era un diario, stando alle date un vecchio diario, lo sfogliò velocemente soffermandosi su alcuni tratti che lo incuriosivano; parlava di lui, di lui e Remus, di loro due, e poi del mannaro e basta, parlava della sue paure, della sua confusione, delle sue scelte.
Il pozionista capì che per un periodo aveva smesso di scrivere per poi riprendere da qualche giorno, ma lo stacco si notava solo per le date, era incredibile che da circa 20 anni aveva le stesse paure.
Chiuse il diario stanco e spazientito, quanto diamine ci metteva a farsi una doccia?
Decise di entrare nel bagno.
Senza fare rumore aprì la porta ed entrò, poi la richiuse alle sue spalle e si mise a fissare il mannaro attraverso i vetri opachi della doccia.
Intravedeva Remus immobile sotto il getto d’acqua. La testa appoggiata al muro e accanto le mani, lasciava che lo scroscio d’acqua lavasse via la sua mente dai troppi pensieri.
Essere lasciato solo in quel momento gli faceva sentire ancora di più la mancanza di Sirius, non capiva perché Severus non lo aiutava mai in queste scelte.
Cominciava a credere che Tonks fosse la giusta compagna di viaggio...
Sul volto di Severus si dipinse un lieve ghigno.
Il bagno era intrinseco dell’odore del mannaro e lui non resistette, aprì lentamente e silenziosamente i vetri scorrevoli della doccia ed entrò vestito abbracciando da dietro l’uomo, il suo uomo.
Remus sobbalzò.
-Quanto sei lento a lavarti…-
Osservò pungente il pozionista.
-Da quanto mi aspetti?-
Chiese Remus sorpreso e sconvolto dal ritorno dell’uomo, girandosi per guardarlo negli occhi.
-Da troppo tempo…-
Rispose Severus serio in volto.
Era vero, lo aspettava da troppo tempo…
Remus capì dalla serietà dell’uomo che non si riferiva al tempo di attesa di una doccia.
Severus uscì dalla doccia, lo metteva sempre in soggezione fare certe confessioni, ma con lui uscivano quasi naturali.
Remus si asciugò con un asciugamano lo legò in vita e uscì dal bagno in evidente stato di ansia, voleva Severus.
Rinnegò i pensieri fatti poco prima.
Il professore sentiva di non poter più resistere e lo seguì, con un nuovo ghigno in volto, non cattivo ma furbesco.

[Metto sotto spoiler la parte un po' più spinta, in caso a qualcuno desse fastidio U.U ]
SPOILER (click to view)
Si sbottonò con estrema calma la bianca camicia bagnata mentre guardava Remus di fronte a lui, l’asciugamano attorno alla vita, i capelli bagnati appiccicati sul volto dove troneggiava ancora un’espressione mista tra sorpresa ed eccitazione, respirava a fatica e sentiva il dorso delle mani sudargli per colpa del calore che il suo corpo emanava.
Avrebbe voluto saltargli addosso, denudarlo di tutto, anche dei suoi pensieri più profondi, vederlo come veramente era, il suo Severus, non quello che mostrava agli altri…avrebbe voluto ma non riusciva a movere un muscolo intorpidito dagli sguardi che gli lanciava il pozionista.
Quello appese la camicia allo schienale della sedia di fronte la scrivania della camera di Remus.
-S-severus…-
Mormorò il mannaro balbettando incapace di fare qualsiasi altra cosa se non osservarlo mentre si avvicinava a lui.
-Sarà il caso che ti asciughi i capelli…non voglio che ti ammali, Remus…-
Disse Severus bloccando il proprio sguardo sul suo e tirando fuori la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni, la puntò contro la tempia dell’altro e pochi secondi dopo l’uomo aveva i capelli asciutti.
Si portò una mano sulla testa, come incredulo.
Perché? Perché Severus lo metteva sempre in soggezione? Perché si sentiva come se avesse ancora sedici anni? Perché sembrava che il suo cuore volesse tranciargli il petto?
Severus curvò le labbra e tutto il viso le seguì dedicando all’attenzione di Remus la sua espressione sadica, lanciò la bacchetta per terra, era sicuro che non gli sarebbe servita.
Il mannaro si sporse in avanti quel poco che bastò per far incontrare le loro labbra e si abbandonò completamente a quel bacio e a quell’uomo che da troppo tempo bramava, le mani del pozionista scattarono una sul volto e una fra i capelli sulla nuca dell’altro, sentiva la voglia crescere dentro di sé.
Le mani di Remus, dopo pochi secondi schizzarono sul corpo di Severus, sul suo petto, una lasciò l’altra per dirigersi frenetica verso i fianchi e, dopo pochi secondi abbandonare anche questi per l’inguine, riuscì a slacciare il primo bottone dei pantaloni neri del professore, poi lentamente lasciò che la sua mano esplorasse nuovamente quel sentiero che da tanto tempo non percorreva più.
Non oltrepassò però il sottile strato del tessuto elastico dei boxer accarezzando il maschio del professore di pozioni che sentì irrigidirsi sotto il suo tocco gentile e provocante.
Severus aveva preso a baciarlo con foga, quasi con violenza, gli mordeva le labbra sorridendogli, lo vedeva così concentrato che gli sembrava in un certo senso innaturale.
Sentì la mano del mannaro insinuarsi nei suoi pantaloni, sapeva che non avrebbe resisitito a lungo se continuava a provocarlo senza agire, era proprio di Remus stuzzicarlo in quel modo, farlo aspettare…
Ma erano troppi anni che aspettava e lui non era mai stato un tipo paziente.
Scese con la lingua a baciargli il collo lasciando ogni tanto qualche lieve morsetto.
Il mannaro cominciò a gemere.
Severus raggiunse con le labbra l’orecchio sinistro del partner
-Non fermarti …-
Gli ansimò nell’orecchio.
Remus sgranò gli occhi, era come se fosse la prima volta…
Lentamente, con mani tremanti, spostò con le sue dita fredde l’elastico dei boxer del professore e accarezo il suo membro ormai eretto.
Severus fece scendere una mano e incoraggiò quella dell’altro a continuare.
Il mannaro prese il membro del professore in mano e cominciò, sempre con infinita calma, la sua danza ritmica.
Sentiva la sua eccitazione crescere e confluire nel fuoco che sentiva ardere fra le gambe, i gemiti di Severus lo elettrizzavano ancora di più.
Il ritmo della danza aumentò e con lui gli ansi di entrambi.
Improvvisamente Remus si bloccò, aveva sentito le mani sicure e calde dell’altro accarezzarlo da sopra l’asciugamano ancora legato alla vita, chiuse gli occhi sentendo l’eccitazione crescere maggiormente, poi il tocco caldo si spostò, risalì i fianchi, il busto e il petto, arrivò alle spalle e lì si fermò.
Bastò quel piccolo gesto, in fondo Severus non era mai stato violento…
Remus gli sorrise voglioso prima di abbassarsi, si mise in ginocchio davanti alle sue gambe.
L’eccitazione del professore compariva ritto fuori dai pantaloni, il mannaro ne leccò l’estremità sadico, poi due forti ma gentili mani si abbassarono sul suo capo guidandolo nei movimenti.
Ricordi ormai sbiaditi riaffiorarono nella testa pervarsa di piacere di entrambi, riuscivano solo a ricordare perché i loro due numi andavano K.O. quando si univano nel formare un unico essere.
Dopo qualche minuto i loro movimenti avevano superato e doppiato la sintonia dei loro cuori.
Remus si rialzò in piedi poco prima che Severus raggiungesse l’estremo piacere, lo guardò per qualche secondo negli occhi poi lo spinse sul letto, afferrò la sua bacchetta abbandonata sulle coperte e fece sparire i pantaloni del pozionista.
-Impicciavano…-
Si giustificò con uno sguardo malizioso.
Severus accolse la sfida e riprese a baciarlo, le sue mani scivolarono sul corpo dell’altro fino a raggiungere l’asciugamano e a slacciarlo dalla vita del mannaro.
Remus prese a baciare il collo di Severus acarezzandogli la schiena e facendogliela curvare lievemente.
-…prendimi…-
Gli sussurrò in un orecchio Severus impaziente.
Remus lo guardò serio negli occhi, quei tunnel neri che solo lui aveva visto brillare, poi lentamente si appostò alle sue spalle e cominciarono a fondersi insieme come un unico essere.
Raggiunsero il paradiso in pochi attimi e poi tornarono indietro bruscamente, felici per la visione.


Si coprirono con le coperte blu notte del mannaro e rimasero abbracciati a baciarsi per il resto della notte.
-Severus?-
Chiese Remus quando i primi raggi del sole si facevano strada attraverso le persiane.
-mm?-
Mugugnò di risposta il pozionista con la testa appoggiata sul petto del mannaro.
-Perchè te ne sei andato così di corsa prima?-
-Perché temevo che tutto questo potesse riaccadere-
Rispose quello semplicemente.
-Temevi?-
Notò Remus.
Severus rimase in silenzio.
Si sciolse dall’abbraccio con un ultimo bacio, poi prese a rivestirsi.
Remus lo osservò scioccato.
Perché se ne andava di nuovo? Perché così in fretta?
Non riusciva a muovere un dito per fermarlo.
Severus vestito di tutto punto uscì dalla stanza, il mannaro lo seguì inciampando nelle coperte aggrovigliate.
-Mi mancherai mannaro pasticcione…-
Gli disse sorridendo.
Remus lo guardò accigliato, non era un buon segno quel sorriso malinconico.
-Dove stai andando?-
Gli chiese afferrandolo per un braccio impedendogli di andarsene.
-Non ti riguarda…-
-Non lasciarmi di nuovo-
-Credimi, non vorrei farlo…-
-E allora perché lo stai facendo?-
Urlò Remus con le lacrime agli occhi.
-Addio Lupin…-
Rispose semplicemente Severus dopo una pausa troppo lunga perfettamente rientrato nel suo personaggio.
-E se io non volessi dirti addio, Severus, eh? Perché a quello che voglio io non ci pensi mai, eh? Dove sarai quando io avrò bisogno di te? A rischiare la vita per conto di…-
-Io andrò dove andrai tu e non ti lascierò mai…io non ti ho mai lasciato Remus, sei tu che devi lasciare me e te ne accorgerai presto…-
Si lisciò la giacca e fissò il suo sguardo nuovamente in quello del mannaro.
-Sei l’unico a cui abbia dato un minimo di ripetizioni…-
Disse sorridendogli di nuovo prima di sparire con un lieve pop.

***

Beh...io ci ho provato :smiile: :ups:
che ve ne pare? *.*
 
Top
Jethro_Rodomont
view post Posted on 6/7/2009, 22:12




mi sa che non è piaciuta .___.
 
Top
1 replies since 19/12/2008, 20:16   196 views
  Share