| Autore: °LauraDumb° Titolo: Sunrise Genere: Yuri Rating: G Pairing: Hermione/Millicent
Sunrise
Sapete qual è la cosa più strana di una storia d’amore? Che arriva spudorata e tremenda quando meno la si aspetta. Anzi, come meno la si aspetta.
Avete mai provato a chiudere gli occhi ed immaginare di trovarvi ad Hogwarts? Credo di si. Forse avete sognato di essere il coraggioso Harry, il saggio Silente, l’intelligentissima Hermione, il perfido Draco… Di certo, non avete lontanamente pensato di essere un’insignificante Serpeverde con la grazia di un elefante che risponde allo squallido nome di Millicent Bulstrode.
Trovarsi nei miei panni, nonostante tutto, era stato piacevole all’inizio.
I ragazzini petulanti se ne stavano ben lontani, così come le ragazze che infestavano sgambettando (e sculettando) i corridoi. Avevo incentrato la mia vita sul divertimento, cercando di assordare la voce dentro di me che urlava di continuo che per me non c’era posto: nonostante tutto, a scuola riuscivo bene anche senza studiare e i pomeriggi mi rimanevano liberi. Che ironia, avere tanto tempo libero e scegliere (o accettare) di passarlo sola. Non ho mai messo piede in una biblioteca prima dei miei diciassette anni, l’idea mi disgustava. Preferivo chiudermi nella mia stanza a disegnare, con Morgana, la mia gatta, che mi si strusciava ai piedi, oppure passare del tempo con qualche ragazzo nella Comune. Ma non illudetevi, con nessuno di loro ho mai sperato di poter costruire qualcosa. Erano rapporti d’amicizia, nemmeno tanto profonda. Giocare a scacchi dei maghi e sfiorare le dita di uno di loro mentre si muoveva un pedone era il massimo dell’intimità.
Sapete, la vita per chi non è bello, nemmeno nel mondo dei maghi è tanto facile.
Non che io non abbia avuto qualche esperienza, mettiamolo in chiaro. Devo in gran parte ringraziare il Wiskey Incendiario se ho dato il mio primo, schifosissimo bacio. Non mi ricordo molto, in effetti, di come mi sono ritrovata stesa su un letto con quel tizio del sesto che mi baciava il collo. So che ho chiuso gli occhi, ho sospirato e ho aspettato che tutto succedesse, come al rallentatore. La sensazione della sua lingua che entrava ed usciva dalla mia bocca era tremendamente squallida, innaffiata dal gusto dell’alcool. Le sue mani vagavano sul mio corpo, ma non so dire cosa facessero con esattezza. Temo di essere stata troppo ubriaca, o forse ho solo cercato di rimuovere. Mi è capitato altre volte di bissare l’esperienza, con più o meno alcool in corpo, ma non ho mai apprezzato un bacio e forse, col senno di poi, posso ormai capirne il motivo.
Non pensate ora che una come me non si sia mai innamorata, anzi, tutt’altro.
La prima volta mi sono innamorata del classico belloccio. Avevo dieci anni credo e ragazzi ne conoscevo pochi; tra l’altro, non sono nemmeno una purosangue e di certo non potevo permettermi di fantasticare su esponenti del calibro di Nott. A dirla tutta, ero addirittura troppo puntigliosa da non avere i nervi necessari per tentare di avvicinarmi a Goyle. Lo ammetto, è stata forse la mia prima vera cotta. Se ci ripenso oggi, non posso davvero credere che mi sarei abbassata a tanto, nè mi par vero di aver letteralmente strisciato ai suoi piedi per mesi. Avevo forse pensato che tra noi potesse funzionare perché infondo eravamo simili, o almeno era quel che credevo. Lui aveva avuto più esperienze di me e in quel periodo, tra noi studenti di serie B, era addirittura visto come un buon partito. Infondo, a quindici anni si vorrebbe provare con chiunque l’ebbrezza di un contatto, sia pur squallido. Ma io ne ero innamorata davvero e vederlo capitolare davanti ad un qualsiasi vitino stretto o un paio di ciglia lunghe, era un’agonia troppo grande. Persino il ruolo d’amica mi pesava e d’improvviso capii di non potercela più fare.
L’anno successivo la scuola cominciò ad annoiarmi e i voti presero vorticosamente ad abbassarsi. Non riuscivo ad uscire da quello stato di vuoto in cui ero caduta e nulla pareva avere più alcun senso, o motivo. Andavo avanti probabilmente per inerzia. Non riuscivo più nemmeno ad innamorarmi e mi pareva letteralmente impossibile trovare una via d’uscita. Mi ero quasi abituata all’idea, quando è successo.
A dirla tutta, non so nemmeno quando sia successo.
So solo che dopotutto devo dire grazie a Draco Malfoy. Quello spocchioso fifone che avevo tollerato a fatica già dal primo anno, era cambiato. A settembre del sesto anno l’avevo visto diverso fin dal principio, poi capii anche il perché. Il mondo magico era in guerra aperta e lui ne era stato risucchiato per primo. Considerando anche il cognome che portava, c’era d’aspettarselo, ma certe cose nella mente dei ragazzi sembrano sempre lontane e del tutto diverse da come sono poi in realtà. Il Marchio Nero per noi Serpeverde era un mito, così come lo era la possibilità effettiva di poter entrare tra le schiere dei Mangiamorte. Non che lo volessimo davvero, non tutti almeno. Per noi, dopotutto, sembrava ancora un gioco, ma la guerra alla fine era arrivata e non c’era più modo di tirarsi indietro. Draco è stato il primo di noi, in tutto. Il primo a ricevere il marchio dal Signore Oscuro, il primo a combattere contro le schiere dell’Ordine della Fenice, il primo a capire che quella guerra era sbagliata. Quando era passato dalla parte di Potter l’avevamo seguito tutti, non per paura, nemmeno per abitudine. Semplicemente, il Draco che avevamo visto crescere era sparito, lasciando spazio ad un uomo diverso. Era stato in qualche modo impossibile pensare, anche solo per un attimo, che lui stesse sbagliando. Era bastata la scelta di Malfoy a decidere le sorti della guerra, infondo. Il nostro esercito di maghi appena maggiorenni, schierato ora dalla parte dell’Ordine, aveva segnato la dura sconfitta di quel che era il Mago Oscuro più temuto della Storia. Come previsto, Potter l’aveva battuto. E come tutti ormai avevamo capito, lui e Draco ammisero che quello che li univa non era odio, ma il suo proprio contrario.
Ho passato notti intere a chiedermi perché il loro rapporto mi avesse atterrita dieci volte di più della guerra stessa. Inizialmente, temevo di essermi innamorata di Malfoy, ma ho scartato in fretta un’ipotesi tanto assurda, cominciando mio malgrado a realizzare qualcosa che mi aveva sfiorata già anni prima e che avevo cercato di ricacciare dentro la mia testa. Con il nostro passaggio dalla parte dell’Ordine, inevitabilmente avevamo dovuto imparare a fraternizzare con quello che per noi era stato, per anni interi, il nemico. Mi era sembrato così strano che dall’altra parte della barricata ci fosse qualcuno così simile a me che non nascosi il mio primissimo stupore. Come poteva una ragazza tanto bella ragionare come ragionavo io? Come poteva qualcuno così interessante non trovare noiosa una chiacchierata con me? Avrei voluto porle queste domande migliaia di volte, ma mi bloccavo a guardarla e dimenticavo ogni cosa; scordavo soprattutto l’immagine di un’Hermione Granger tutta libri e capelli crespi. Vedevo solo una ragazza diversa, che sapeva capirmi più di chiunque altro e che era allo stesso tempo bisognosa di affetto così come lo ero io.
In effetti, mi rendo conto solo ora di come le cose fossero per me state chiare fin dall’inizio.
Fu una sera come tante altre che finimmo a chiacchierare fino a notte fonda, accoccolate una sull’altra sul divano di casa mia. Non era la prima volta che la invitavo a cena: io vivevo da sola già dalla fine della guerra e lei aveva rotto con Weasley mesi prima, così spesso preferiva venire da me piuttosto che tornare a casa dei suoi genitori, in un quartiere residenziale di Londra. Il fuoco nel camino ormai lanciava gli ultimi guizzi ma nessuna di noi pareva sentir freddo. Eravamo passate da un argomento all’altro senza nemmeno accorgercene, così come a lei era sembrato naturale appoggiare la testa sulla mia spalla e lasciarsi cingere. In un attimo di silenzio, infondo non così rari, realizzai che avevo da sempre desiderato di stringerla a me, accarezzarne le spalle, seguire la linea della clavicola, dolcemente, con la punta delle dita In quell’istante, capii che non avrebbe potuto essere altrimenti e accettai che quello che mi legava a Hermione non era un semplice affetto di amica, ma qualcosa di molto più profondo e vero di quanto io stessa potessi immaginare. Non ho idea di quante ore rimanemmo così, ormai senza nemmeno parlare più, solo lanciandoci di tanto in tanto qualche sguardo e lasciarci scivolare un sorriso consapevole. Quella sera non sentimmo nemmeno il bisogno di chiederci perché o di concederci un bacio. Non ho le ho mai chiesto cosa pensasse mentre fissava il soffitto e rabbrividiva sotto il tocco delle mie dita, né mai probabilmente lo farò. Per quel che mi riguarda, pensavo solo a lei, a noi e a come avrei tanto voluto che il tempo si fermasse in quell’istante, mentre dalla finestra si alzava il primo raggio di luce di una vita del tutto nuova.
Edited by °LauraDumb° - 15/1/2006, 23:31
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